Il coraggio della pittura
17 giugno – 8 novembre 2024
Opening 21 settembre ore 11
Il titolo della mostra di Paolo Patelli è preso in prestito da una recensione che Gian Piero Vincenzo gli dedicò nel 1989. In quegli anni Patelli dipingeva forsennatamente grandi opere partendo dalla misura 100 x 70: una tecnica mista su carta dove non manca il collage o qualche squarcio, il tutto incorniciato in una sottile cornice bianca o nera con vetro o Plexiglass. Dalla moltiplicazione di quella misura prendevano avvio opere che arrivavano fino a 4 metri. Artista di grande esperienza, definita da un’incontenibile ricerca e da una continua sperimentazione che ha distinto periodi diversi della sua carriera artistica. Ma è alla fine degli anni ’80 che proprio la “pittura pittura” ha il sopravvento, e lui stesso dice:
Dipingo il concetto di pittura, dipingo l’atto del dipingere, dipingo da trent’anni (e un po’ di più) lo stesso quadro, dipingo come scrivo, dipingo come Lester Young suonava il sax (meno bene), dipingo per distruggere lo spazio della pittura, dipingo per crearne uno mio, dipingo perché sono allegro, dipingo perché sono triste, dipingo per non morire (come tutti), dipingo perché amo la vita. Non so cosa la gente farà della mia pittura, né di quella di tutti gli altri.
La mostra presenta proprio il suo periodo più produttivo quando le sue opere seducevano il grande pubblico delle fiere italiane e internazionali. Le opere vanno dal 1988 al 1991 con l’obiettivo di riproporre oggi un modo ancora attuale di essere pittura: fisico, materico, colorato, agito.
CASA
23 settembre – 26 ottobre 2024
Opening 21 settembre ore 11
Dopo aver presentato i suoi straordinari Arazzi a Studio la Città lo scorso 15 giugno, Anna Galtarossa ha deciso di mostrare le sculture che di quegli arazzi erano, in alcuni casi, i soggetti. Nasce così il nuovo allestimento intitolato Casa che verrà inaugurato sabato 21 settembre dalle ore 11 alle 13, negli spazi della galleria in lungadige Galtarossa 21 a Verona.
Se con gli arazzi doveva rispondere alla domanda Cos’è la pittura? Diciamo che ora ha risposto.
Inizialmente il processo “pittorico” che ha spinto l’artista – dall’inesauribile creatività e animata da un’intensa e poliedrica attività di ricerca e di studio attento ai materiali, per lo più tessili – ha visto nascere gli arazzi come dipinti: il filo è colore e allo stesso tempo tela?
Lei, che si riconosce nel ruolo di scultrice, offre un punto di vista laterale per questi lavori, che non sembrano accettare catalogazioni troppo rigide e lascia aperta la strada anche ad una forma di pittura. Ecco dunque opere in legno e stoffe, alcuni protagonisti degli arazzi, prendere posto nella galleria. Così Anna Galtarossa presenta questo nuovo allestimento:
Lampada o parco giochi per ragni? Letto o macchina per imparare a sognare? Mobili che assimilano elementi a loro estranei, sculture che si possono *usare*. Alieni che cercano di mimetizzarsi nelle nostre case. Si nascondono dietro a imitazioni di oggetti di uso quotidiano: un esercizio animista per mettere in questione le banalità nel nostro quotidiano e per identificare alcune certezze obsolete alle quali ci attacchiamo etichettandole come tradizione o cultura.
L’artista si appropria di oggetti quotidiani snaturati, avanzi luccicanti di feste, materiali per il fai da te ed elementi naturali come il bambù e le conchiglie delle chiocciole del suo giardino. Li stratifica organicamente dando vita a opere che cercano di mimetizzarsi nelle case, posando come oggetti di uso quotidiano. Alcuni si possono anche usare, ma potrebbero non avere gli effetti desiderati. Ci sono stoffe che si agganciano ai vestiti di chi si avvicina, e fieno che punge chi si siede in poltrona.
Sedie, lampade, letti, tavolini. Mantengono la loro funzione che apparentemente li identifica ma sono carichi di una sorta di straniamento. Sono oggetti persi, non sanno bene cosa fare, cercano di imitare gli altri che li circondano e che sembrano essere accolti nelle case, per lo più fallendo miseramente perché non capiscono la nostra cultura e non riescono a nascondere la loro natura. Ma ci suggerisce Galtarossa, sono soprattutto medium narrativi di mondi paralleli e ricordi atavici che, sospesi in un’atemporalità onirica, acquisiscono valore epifanico e poetico.
Picta Fluens.
Tela Mediale, origine e flusso.
17 giugno – 8 novembre 2024
Opening 21 settembre ore 11
Dopo averci accompagnato lungo la strada dell’arte mediale mostrando paesaggi “fluenti” e astrazioni ‘liquide’ nella mostra inaugurata il 15 giugno in questi stessi spazi, Davide Maria Coltro approfondisce ora la sua ricerca con la serie intitolata Bruges protagonista del nuovo allestimento che verrà inaugurato sabato 21 settembre alle ore 11 allo Studio la Città a Verona
“Queste nuove opere – spiega Coltro – proseguono la mia esplorazione del rapporto tra percezione, tempo e pittura. Le superfici digitali vibrano di luce e colore, con variazioni cromatiche che emergono gradualmente in un gioco sottile tra presenza e assenza. Questi lavori non sono oggetti statici, ma esperienze temporali che si svelano lentamente, richiamando la riflessione di Maurice Merleau-Ponty sulla percezione come immersione in un mondo in cui visibile e invisibile si intrecciano.
Ogni osservatore, dunque, partecipa attivamente al processo di scoperta e disvelamento dell’immagine. L’uso della tecnologia, culminata nella concezione del Quadro Mediale, espande i confini della pittura tradizionale, trasformando il movimento e la mutevolezza del colore in una dimensione vissuta direttamente.
Ogni opera è una finestra aperta sul processo pittorico in continuo mutamento sotto lo sguardo dello spettatore, un invito a rallentare che richiede tempo e attenzione per cogliere la complessità delle trasformazioni cromatiche. La pittura si libera così dal vincolo della staticità, diventando un evento fenomenologico, l’opera e l’osservatore co-creano un’esperienza unica e irripetibile”.
Una mostra che allarga i confini della pittura, unisce poesia e tecnologia, interroga sul tempo, costringe ad osservare lo sviluppo di un’attesa, rimanda ossimoricamente alla tradizione della pittura – forse non a caso il titolo Bruges – e si sfiora anche l’800 di Paul Signac e Georges Seurat, ma non c’è la staticità che la tela tradizionale impone: qui è movimento, variazione. Allo stesso tempo Coltro definisce anche un nuovo luogo dove l’artista opera, non più il luogo chiuso dello studio, ma uno studio aperto sul mondo.