Florio Puenter

La bucolica forma mentis di Florio Puenter rasenta la soglia dell’ovvietà ma è proprio l’heimlich freudiano a infirmare l’immagine, non più rassicurante nel suo tentativo di ingannare la vista. Soprassedendo alla vidimazione fotografica, la vigile passività della retina indugia sull’ad-apareo computando l’immediatezza del paesaggio, il suo essere “familiare” che trasfigura nel suo opposto, l’unheimlich1 (l’epifania nasconde quegli aspetti/elementi del reale che, a loro volta, l’avevano occultata).
Un eccellente quesito ci assilla sin dall’infanzia: un albero che cade in una foresta disabitata produce rumore? ovvero: una cosa esiste anche quando non ci sia nessuno a guardarla? «Sto vedendo gli occhi che hanno visto

 

l’imperatore» commentò Roland Barthes mentre osservava la fotografia di Girolamo, ultimo fratello di Napoleone. Altri, analoghi, occhi sono quelli in cui Puenter vuole immedesimarsi. I suoi scatti potrebbero sembrare d’après nature, in verità sono solo d’après: da/secondo ignoti perché le immagini ricalcano gli stereotipi delle foto antiche (anonime si diceva) che immortalano alcune tra le più celebri località turistiche. Tipiche panoramiche, dei primi del novecento, “da cartolina”, che l’artista vuole ri-editare malgrado l’istantaneità di quelle immagini, di quelle vedute, non possa più essere documentata. (Alberto Zanchetta, Souvenir del silenzio, 2004)
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Opere Disponibili

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  • Lej da San Murezzan, 2002

    C-print
    99 x 163 x 4,5 cm

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  • Florio Puenter, 2004

    Installation view
    Studio la Città, Verona


  • Florio Puenter, 2004

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    Studio la Città, Verona


  • Florio Puenter, 2004

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