Dopo il successo della scorsa edizione, Studio la Città partecipa anche quest’anno ad Arte Fiera con il rinnovato concept LA CITTÀ PROJECTS: progetto nato da un’idea di Hélène de Franchis che rievoca, anche nel logo, gli inizi della galleria nonché la volontà di concretizzare quell’entusiasmo e quella curiosità iniziale, tipica degli anni ’70, in nuovi ed importanti progetti espositivi.
Nonostante sia del 2012 la decisione di non partecipare più ad alcuna manifestazione fieristica, con Bologna c’è da sempre un legame speciale, quasi affettivo, che risale appunto al 1974, anno in cui aprì i battenti Arte Fiera e anno in cui per la prima volta Studio la Città vi prese parte. In questo contesto e in un periodo strategicamente molto importante, abbiamo scelto di essere presenti con uno stand interamente dedicato alla fotografia, che è al contempo una vetrina per la presentazione del progetto espositivo, in programma a Venezia, durante la 58° Biennale d’Arte.
Vincenzo Castella è il primo protagonista della doppia personale allestita all’interno dello stand bolognese dove è la Natura a giocare un ruolo di centrale importanza. Una Natura effimera e “costretta”, come quella rappresentata dall’artista nella serie Studio Eine Phantastik dove i soggetti vegetali sono quelli fatti crescere in cattività nelle serre di Zurigo, contrapposta alla Natura selvaggia e incontaminata dei paesaggi finlandesi, proposta da Castella in alcune fotografie di piccolo formato e in un video di recente produzione. Quest’ultimo, dal titolo The Plots are homeless, presentato a Studio la Città lo scorso ottobre, all’interno di una mostra personale dedicata agli ultimi lavori del fotografo napoletano, è un montaggio di 6 minuti tratto da negativi originali e sarà visibile in fiera a grande formato, grazie ad un ledwall di 3,50 x 2 metri, unitamente all’opera Inside Deisha Camp, Bethlehem, del 2016: uno sguardo in movimento all’interno di un campo Palestinese a Betlemme.
Sulle pareti dello stand sono proposti anche alcuni grandi lavori in bianco e nero dell’americana Lynn Davis dedicati agli iceberg e ai ghiacciai della Groenlandia ai quali la Davis, però, volge uno sguardo insolito. Queste fotografie infatti, stampate con meticolosità e cura ai sali d’argento, non aspirano a cogliere il fenomeno naturale in sé e per sé ma, piuttosto, sono scattate come se l’obiettivo della macchina fotografica dovesse immortalare la maestosità di un monumento, un’imponente architettura antica, come potrebbero essere le Piramidi d’Egitto o i Templi persiani (soggetti sempre cari all’artista). Questa serie di fotografie è particolarmente importante nella carriera artistica di Lynn Davis la quale, dopo il suo primo viaggio in Groenlandia, nel 1986, prese la decisione di abbandonare la fotografia della figura umana, con cui esordì a New York assieme al caro amico Robert Mapplethorpe, spostando l’obiettivo verso i paesaggi monumentali e le icone culturali/architettoniche per le quali è rinomata internazionalmente.
Si ringrazia