Archeologie del presente, questo il titolo della mostra, pensata da Angela Madesani per Studio la Città di Verona, che indaga, attraverso fotografie, sculture e video di Gabriele Basilico, Lynn Davis, Massimiliano Gatti, Tarek Zaki, Mauro Ghiglione e Saverio Pesapane, alcune importanti tematiche legate al Vicino e Medio Oriente.
Nel titolo è chiaro il rimando al noto romanzo di Sebastiano Vassalli ma, se là si narra la storia – ambientata tra i Sessanta e i Settanta – di una generazione che ha tentato con appassionata ostinazione di cambiare il mondo circostante, qui è un’analisi, una presa d’atto della situazione di quei complessi luoghi. L’arte riesce ad andare nel profondo, a entrare nelle situazioni a raccontare quello che le parole non sempre riescono a fare. È una mostra di racconti e di atmosfere, di rimandi e di storie in cui lo sguardo è puntato sul colonialismo, l’immigrazione, le recenti guerre, il tutto sullo sfondo di un’indagine culturale, storica e architettonica, che in taluni casi è già diventata archeologia.
Siamo introdotti nel contesto dalle raffinate immagini dell’americana Lynn Davis, dedicate a Palmira, la città siriana simbolo della tragedia culturale e umana in corso. Della fotografa americana saranno in mostra anche opere realizzate in Iran, Yemen, Giordania, Sudan. Nelle sue visioni il tempo è sospeso, dell’uomo non c’è traccia se non attraverso le sue costruzioni, i suoi straordinari manufatti.
In superficie è il titolo della serie di immagini fotografiche di Massimiliano Gatti. Esse raffigurano i reperti trovati in Iraq durante le missioni archeologiche, in esse i diversi momenti temporali si confondono. Dalla massa di oggetti emergono vasi di 10.000 anni fa ma anche proiettili e bombe a mano di recente costruzione. È il tempo della storia dell’uomo che dà vita a un’irriconoscibile e magmatica koiné.
L’artista egiziano Tarek Zaki presenta History of O, una collezione di oggetti scolpiti di varie misure e composizioni. Sono frammenti del quotidiano che hanno in comune la forma circolare. La sua è un’esplorazione del tema del tempo, della civilizzazione. Nei suoi lavori, come quello in mostra, è un tono apocalittico: quello che conosciamo è fossilizzato, pietrificato e presentato in una vetrina. Tutto nasce da una reazione alla guerra in Iraq, dalla distruzione alla quale abbiamo assistito in televisione, come se si trattasse delle olimpiadi. Una tragedia che si è poi ampliata e diffusa in tutti quei territori.
Quella di Mauro Ghiglione con la serie Play for me again, è una denuncia all’insensibilità dell’occidente rispetto a drammi consumati solo attraverso le immagini, in una sorta di grande videogioco, in cui siamo tutti osservatori passivi. Soggetti dei suoi lavori sono Saddam, il mondo arabo, i prigionieri occidentali di una guerra quanto mai incomprensibile e ingiusta.
In mostra saranno anche le opere filmiche di Saverio Pesapane dedicate alla cosiddetta Primavera araba e alla Città dei Morti del Cairo. Si tratta di un lavoro realizzato solo pochissimi anni fa, di stretta attualità, che oggi costituisce già, tuttavia, una testimonianza storica e archeologica di quanto non è più. In mostra sono alcuni spezzoni dei suoi recenti film.
Chiude la mostra un lavoro che è divenuto ormai un classico dell’archeologia del presente, Beirut di Gabriele Basilico. Sono le immagini realizzate all’inizio degli anni Novanta dal grande fotografo, chiamato a testimoniare la distruzione della città libanese. Un lavoro dal taglio scenografico, che è stato esposto in seguito, nel 2007, alla Biennale di Venezia. Le immagini in mostra, sono ritratti profondi e dolorosi, di una città distrutta, in cui Basilico blocca il tempo della storia.
Gli artisti in mostra arabi e occidentali con una sensibilità, che va ben oltre la semplice attualità, parlano della storia, dei contrasti, delle contraddizioni politiche e culturali di quei territori e offrono un punto di vista particolare, che riesce a fare conoscere a chi guarda, realtà e visioni complesse e articolate: un’archeologia del presente in continua trasformazione.