Per la sua esposizione personale nelle nuove stanze della galleria Ettore Spalletti ha pensato una serie di lavori – alcuni già realizzati, altri compiuti per l’occasione – che instaurino un dialogo interno a loro stessi, tra loro e lo spazio, tra loro e l’atmosfera. Ogni lavoro, infatti, può essere considerato singolarmente, oppure in relazione con gli altri lavori, o in correlazione con le geometrie spaziali dei luoghi o, ancora, con l’aspetto atmosferico e sensibile della luce e dell’aria entro cui sono immersi.

Così, il silenzio percettivo che l’opera di Spalletti impone a qualsiasi osservatore, si carica di molteplici piani di “ascolto”, derivati dalle relazioni che in quel momento l’osservatore intende privilegiare: in una combinazione di poche, rarefatte opere, il sistema di relazioni possibili è però incommensurabile, a partire dall’idea che, come scrive in catalogo Marco Meneguzzo “l’aspetto concettuale o, meglio, il movente sensuale e sentimentale che lo ha fatto arrivare a questa rarefatta sensibilità va cercato senz’altro in un’attitudine contemplativa nei confronti del mondo”.

Il silenzio è dunque il presupposto per ascoltare e per vedere, ed è dal raggiungimento di questo stato che inizia il viaggio nelle opere di Spalletti, una delle cui prerogative più salienti si trova nella loro capacità di porre l’osservatore in questa condizione in maniera assolutamente naturale, senza costringerlo cioè a percorsi concettualmente contorti o meramente intellettuali.