Studio la Città inaugura sabato 1 dicembre 2018, una mostra dedicata ai nuovi lavori di Giorgio Vigna, poliedrico artista veronese che torna nella sua città natia proponendo un’allestimento intimo e contemplativo, allestito nella project room della galleria.
Qui come al Museo di Castelvecchio (dove nel 2013 l’artista fu protagonista della mostra Stati Naturali), il tema dominate è l’acqua, elemento ricorrente in tutte le opere esposte: dalle Acque Astrali, sassi in vetro di Murano – sorta di pietre d’acqua con inclusioni d’aria sospesa che evocano l’altrove, alle Cosmografie, lavori su carta realizzati con la tecnica dell’acquatipo, dove l’inchiostro viene disperso in acqua creando galassie imprevedibili, fino alle recentissime Acque, ciotole di varie dimensioni in cui Vigna esplora le possibilità del vetro nella relazione mistica fra acqua e fuoco. La materia è, da oltre trent’anni, oggetto di sperimentazione da parte di Vigna, che realizza per Studio la Città una mostra dalla grande tensione tattile: è infatti difficile riuscire a resistere alla tentazione di toccare i suoi lavori, che sembrano emanare energia dalle superfici tondeggianti e armoniose. L’artista […] sceglie per le sue opere la primarietà arcaica, ricca di storia e fortemente simbolica dell’argento, del rame, dell’oro, del bronzo, del vetro e li lavora poi secondo antiche tecniche artigianali in cui anche il gesto più semplice, come la saldatura, diventa prezioso (C. Perrella, Cosmologies, Eti Bonn-Muller, Hong Kong, 2018).
Rispetto alla precedente mostra ospitata nel castello scaligero però, in questa personale Vigna predilige un rapporto di interiorità profonda, quasi spirituale, con le opere esposte che sono per la maggior parte realizzate personalmente in studio, senza apporti o “contaminazioni” dall’esterno.
Altro riferimento che gioca un ruolo importante nell’architettura di questa mostra è dato dal rapporto tra Spazio e Tempo, metaforicamente rappresentato dalle Cosmografie che, appese alle pareti della project room, aprono finestre immaginarie sull’infinito. Questo concetto è reso molto bene in un’intervista condotta da Luca Massimo Barbero all’artista nel 2013: […] il mio lavoro e la mia ricerca si situano su un confine, un margine, tra realtà e immaginazione. Questa linea di confine, nel corso della mia esplorazione, si dilata e crea uno spazio-tempo sospeso dove il tempo è soggettivo e lo spazio immaginario. È in questa sospensione che emergono e si palesano nuovi stati naturali” della materia e della forma, altrimenti non percepibili: micro e macrocosmo s’intrecciano, grande e piccolo, leggero e pesante, solido e liquido, freddo e caldo si scambiano di posto e generano oggetti che chiedono nell’incontrarli anche una sospensione del pregiudizio basato sull’esperienza del già noto (L.M. Barbero, Stati Naturali, Electa, Milano, 2013).