La mostra di Hiroyuki Masuyama ha rivestito una particolare importanza sia per la galleria che, soprattutto, per l’artista: da un lato infatti si ribadisce una collaborazione che dura ormai dal 2002, dall’altro si espone una sorta di “summa” dell’ opera dell’artista, suggellata da un libro che diventa il punto fermo, il documento narrativo di un’attività ormai pluridecennale.
In mostra sono state esposte opere degli ultimi cicli dell’artista giapponese (1968, vive a Düsseldorf), noto per le sue geniali sovrapposizioni tra luoghi dipinti e luoghi fotografati. Alle vedute di J.W.M.Turner si sono affiancate quelle di Caspar David Friedrich (1774-1840), di Caspar Wolf (1735-1783), ma anche quelle di cartoline d’inizio del secolo scorso, in un amalgama che vede Masuyama sovrapporsi volutamente al vero e proprio “punto di vista” degli altri. Questa tecnica ovviamente è lo specchio del suo pensiero estetico ed esistenziale, che si manifesta nel rispetto verso il passato e il suo linguaggio, e nell’aggiunta di un ulteriore punto di vista – il suo – alla miriade di sguardi codificati dall’arte e dalla fotografia. Il discorso di Masuyama, allora, coinvolge il linguaggio, ma anche il tempo, e persino il “proprio” tempo, quando ad esempio, nel nuovissimo ciclo “Moving viewpoint” (2014), l’immagine è il risultato di una camminata tra le montagne, sintetizzata sino a “contenere” tutto il viaggio.
Così, nelle sale della galleria si ha assistito ad un’ulteriore sovrapposizione, che è quella di un ciclo ad un altro ciclo, in una specie di coerenza circolare che si ritrova in tutto il lavoro di Masuyama, dai suoi lavori maturati alla fine del secolo scorso, alla sfera praticabile “Breath” (2014, questa non presente in mostra) che non è altro che l’immagine di un mondo che metaforicamente “respira”: una continuità circolare, che forse è la concretizzazione artistica di un tempo circolare, che costituisce e costruisce il mondo di Masuyama, ampiamente illustrato anche nel volume che accompagna la mostra, curato – come la rassegna – da Marco Meneguzzo.
La collaborazione col Kallmann Museum, di Ismaning, in cui l’artista ha esposto nel febbraio 2015, si esplicita anche nel volume che ha accompagno la mostra veronese – curati entrambi da Marco Meneguzzo – con un testo del direttore Rasmus Kleine e con una edizione bilingue.