Di solito la fotografia cerca di cogliere un istante in cui l’essere più banale, o più complesso, mostra la sua identità segreta (“l’istante decisivo” di Cartier-Bresson). Per Hiroyouki Masuyama invece è fondamentale cogliere l’alterità segreta degli eventi, individuare il loro divenire compresso nel loro essere. Egli concentra in un’unica inquadratura una pluralità di scatti, facendo coincidere paradossalmente il passare del tempo con il suo durare. Se vuole dare testimonianza del volo Frankfurt-Tokio riprende il fluire delle nuvole, dove il trascorrere delle ore è legato a un luogo (seppure indistinto), e quindi ad uno stare, ad uno stare fermo nel tempo. Se invece vuole dare conto di uno spazio (di un parco, ad esempio) fa ruotare la macchina da presa di un grado al giorno, ottenendo alla fine una veduta panoramica, che tramuta lo sguardo circolare in uno sguardo lineare e il variare delle stagioni in un’unica stagione visiva.
Masuyama ci fa vedere dentro uno spazio e dentro un tempo che non esistono. E anche se le immagini sembrano registrare oggettivamente la realtà, si tratta sempre di una realtà potenziale, complessa, plurima: non di un “frame” di mondo, ma di un mondo di “frames”, elaborato digitalmente e capace di produrre una geografia visiva che ha la caratteristica indefinibile del “nowhere” (del non dove) e dell'”everywhere” (dell’ogni dove), del banale e dell’ideale.