Jacob Hashimoto ha presentato negli spazi di Studio la Città una nuova grande installazione e numerose opere recenti. Il titolo dell’esposizione Jacob Hashimoto 16.05.2015 sottende alla sfida, davvero “personale”, che Hashimoto ha intrapreso con se stesso nel pensare a questo intervento che occupa tutta la Cattedrale Est, già teatro in passato di altri grandi ed importanti lavori dell’artista. Si pensi a Superabundant Atmophere nel 2008, Armada nel 2011 e Foundational Work nel 2013.

Ma a questa imponente installazione, Hashimoto ci ha condotto lentamente, attraverso un preciso percorso che lega indissolubilmente un’opera all’altra. La mostra si è aperta con alcuni pezzi recenti realizzati con gli aquiloni – elementi distintivi del lavoro e quasi una firma dell’artista stesso – che, tuttavia hanno suggerito nuove letture: da un lato hanno aperto ad un dialogo più serrato tra spazio e colore creando un’interessante illusione ottica che sembra farci “guardare” nell’interno dell’opera stessa e dall’altro i segni/disegni ripetuti con ritmo incalzante hanno definito grandi dipinti a volte “minimalisti” e quasi monocromi a volte con squarci di colore inaspettati.

Un Hashimoto pieno di nuova energia e crescita artistica, ma anche di nuova sperimentazione. In questo filone trovano infatti collocazione tre grandi lavori su tela di lino nati da un interesse profondo per le correlazioni tra spazio, tempo e dinamiche astronomiche legate ai pianeti e alle costellazioni. In questa nuova ricerca è stato affiancato da Jana Grcevich, astronoma del Hayden Planetarium di New York, che ha elaborato e studiato una serie di dati trasmessi dalle sonde spaziali rivelatori di nuovi sistemi stellari, in particolare Gliese 667, Kepler 62 e Kepler 438. Questi sono anche i titoli delle tre opere presentate in mostra che propongono, da ciascuno di questi “luoghi” dell’universo, la raffigurazione prospettica della Terra collocata l’incrocio delle due diagonali del quadro. Davanti alle tre tele il pensiero che guida chi guarda è che l’infinitamente grande è allo stesso tempo infinitamente piccolo e che tutto è in relazione allo spazio. Questo ce lo conferma anche la maestosa installazione ispirata al paesaggio dei video games, dal titolo Never Comes Tomorrow: un “vocabolario formale che si muove tra astrazione e minimalismo” che cambia forma e struttura a seconda dello spazio fisico di cui dispone.

A chiudere la mostra, una selezione di disegni realizzati a partire dal 2012, che hanno illustrato il processo creativo e progettuale dell’opera d’arte, come uno schizzo delle tante idee dell’artista ad uno stadio quasi embrionale.