A partire dal 3 marzo, Studio la Città dedica una personale a Marcela Cernadas, artista nata in Argentina, che da tempo lavora tra la Spagna e l’Italia e che, proprio a Verona, all’inizio degli anni 2000, avviò una fase importante della sua carriera artistica. Con la mostra Cenacolo, la Cernadas torna nella città scaligera che l’aveva già riaccolta nel 2015, con il progetto Flesh and Spirit curato da Manon Comerio e Paola Marini nella trecentesca cornice della chiesa di San Giorgetto.
Non a caso infatti, questa è la prima mostra che apre il nuovo programma “indipendente” della galleria, presentato in anteprima durante l’ultima edizione di ArteFiera – Bologna. L’idea di dare avvio a la città projects, dedicando una sala dell’ampio spazio espositivo, ad artisti da scoprire o riscoprire, accomunati da un momento di tangenza con lo “spirito del tempo”, nasce proprio dalla volontà di mostrare “ciò che non si vede ma che esiste, coperto dal silenzio, in attesa dello sguardo che sa vedere”.
Il titolo di questa esposizione si rifà all’omonima opera, che gioca un ruolo da protagonista all’interno della project room della galleria: il Cenacolo si presenta qui come una composizione di tredici calici in vetro ametista di Murano, presentati su un tavolo in marmo – chiaro riferimento all’iconografia cristiana. I calici, immaginati nella loro unicità, sono stati realizzati nel corso di tre anni, a partire dal 2015, in occasione di diversi mostre che hanno segnato tappe importanti del percorso artistico di Marcela Cernadas. Di questi, il terzo e ultimo pezzo è stato prodotto quest’anno proprio per essere esposto a Studio la Città. È la prima volta che le raffinate coppe di vetro vengono proposte in questa formazione, facendo del Cenacolo un’opera inedita, simbolo di un percorso artistico che ha ritrovato a Studio la Città il suo contesto ideale, proprio qui dove Marcela iniziò la propria ricerca.
La mise en scène di quest’opera scava a ritroso nella storia dell’arte e porta il visitatore, che osserva il banchetto deserto, a vagliare due possibilità: celebrarlo o abbandonarsi all’idea del souvenir.
Non è la prima volta che Marcela Cernadas, attiva da anni sulla scena internazionale, sviluppa nella propria ricerca artistica il tema del cibo legato al Sacro, attuando riflessioni accolte da diversi ambiti del pensiero sia accademico sia religioso, come ricorda la recente collaborazione con il Patriarcato di Venezia.
Un altro simbolo ricorrente nel pensiero dell’artista è la “corona”, elemento principe assieme alla “rosa” dell’opera Unique Roses, proposta anch’essa nell’allestimento di questa mostra. Non a caso nella storia dell’arte, la rosa, proprio per la sua conformazione naturale, é icona della coppa che raccolse il sangue di Cristo, spesso incorona i poeti ed è legata ad eventi conviviali nelle raffigurazioni classiche. Nella poetica dell’artista rappresenta un diverso modo di interpretare il calice, simbolo dell’amore che trionfa. “Rosa” e “corona” sono emblemi di bellezza e finitezza, decoro e incombenza, come lo è il cristallo, materiale utilizzato solo di recente dalla Cernadas che qui diventa mezzo, enigma e allo stesso tempo sorpresa, per rinnovare la riflessione sul lusso e sull’effimero.
L’ultima serie esposta è Still Rose, composta da quattro fotografie, che fondono assieme i concetti di vanitas in un’unica “figura”, ancora una volta quella della rosa, la quale, in termini formali e lirici, si posiziona ai confini dello still life.