La ricerca espressiva di Mirco Marchelli si concentra su una poetica della memoria, riflettendo sugli oggetti dimenticati del nostro mondo quotidiano come se si presentassero a noi dalle soffitte della vita, per parlarci del loro passato, per interrogare il nostro presente. Gli oggetti, una volta de-situati, sono ricontestualizzati, manipolati, sottratti alla loro funzione d’uso, aprendosi in questo modo a un nuovo rapporto col reale.
Ma ciò che più incanta è che questo culto del remoto non ha niente di pesante, nulla di malinconico, niente di faticoso. Su queste premesse, nasce il suo raffinato gusto per il riordino e la ricomposizione di materiali umili – quasi sempre senza l’intervento pittorico – materiali spesso di scarto, quali fogli, stoffe, cartoni, garze, fotografie – e altri oggetti di ogni sorta: polverose carte e garze distese e rimodellate, sovrapposte e ritoccate, secondo un ordine di musicale equilibrio. Piccole casette composte da antichi libri cerati le cui copertine si trasformano in geometrici tetti. Altri libri immersi nella cera e rimodellati come inediti fagotti. Scolorate bandiere; e sgabelli, pedane, panche, valigie, scatole, reinventate in un fragore di forme che rivivendo il passato lo trasformano completamente.