Timothy Tompkins percepisce e affronta il reale (il qui e l’ora) con tutte le sue problema ti che sociali, personali, culturali, appigliandosi cioè a quella forza che viene dalla tradizione delle immagini. Il soggetto dei suoi dipinti è ripreso dai media (riviste, internet ecc.) o da suoi stessi scatti che vengono, in un secondo momento, riportati su alluminio in strati di vernici industriali, mai mescolati ma sovrapposti in molteplici velature. Usando la fotografia come referente, gioca con i diversi livelli di significato attraverso i quali può essere letta un’immagine, rendendo progressivamente l’opera vacillante tra la vaghezza del dipinto e la concretezza della fotografia. After Friedrich, After Corot, After Turner, After Latour, ecc., non costituiscono perciò un semplice inventario o una mera citazione di figure tratte dalla Storia dell’Arte, ma un ritrovare le radici stesse della pittura, le fonti intrinseche delloperare. E come se Tompkins volesse realizzare davvero un operazione di distanziamento nei confronti dell’incombere del mondo (mediatico): egli infatti non si ferma al primo sguardo, all’amposfrontato della cronaca, ma cerca un immagine in cui si agitino e in cui agiscano catene digesti improntati di tempo, rivestiti di tracce memoriali. Il suo richiamo alla Storia dell’Arte non ha come obiettivo quello di riprendere e riprodurre il lavoro di un determinato autore, ma quello di inventarsi sempre un nuovo modo di vedere, di immergersi nelle questioni del linguaggio, di cercare inedite definizioni formali. Si capisce allora come tutto il processo operativo di Tompkins sia debitore di una sorta di modello archeologico, o meglio come esso si sviluppi attraverso una questione di strati, ossia di profondità materiali.
Luigi Meneghelli