Nel 2011 Vincenzo Castella e Hema Upadhyay si erano incontrati in occasione di una mostra e avevano avuto modo di confrontarsi sui rispettivi lavori: grandi città osservate dall’occhio antropologico di Castella e le megalopoli indiane coagulate dallo sguardo sociale di Upadhyay nella sua grande installazione sulla bidonville multietnica.

L’affinità tra i due artisti è stata tale che la naturale conclusione della loro conversazione, intensa e ricca di stimoli reciproci, è stata la promessa di fare una mostra insieme prendendo in esame il tema della città.

Il progetto non ha avuto modo di realizzarsi per l’improvvisa scomparsa di Hema Upadhyay, ma Vincenzo Castella ha voluto tenervi fede e renderle omaggio realizzando una mostra proprio accanto alla grande opera “Where the bees suck, there suck I…” dell’artista indiana nella galleria Studio la Città fino al 18 giugno.

Castella ha proposto per l’occasione un’installazione composta da molti frammenti fotografici tratti dalla stessa scena (un campo Palestinese di Betlemme) che hanno lasciato traccia simultanea sulla parete al centro della galleria: lavoro tratto da un video in movimento, anch’esso esposto nella video room della galleria.

Dello stesso artista, sono stati inoltre esposti tre scatti di maggiori dimensioni, incentrati sulla città di Milano e presentati due anni fa alla Biennale di Architettura di Venezia.

Sia il lavoro della Upadhyay (che costruisce l’accumulo) che quello di Castella (che isola le varie immagini) hanno partecipato allo stesso progetto di rappresentazione in cui, per dirla con parole della stessa artista indiana, l’osservatore (outsider) diventa parte dell’osservazione (insider) per poi trovare la distanza e la misura del discorso.

È nato così Il Corpo Della Città, frutto di quella promessa fatta ed ora onorata: un’esposizione spalla a spalla delle opere di due artisti che si interrogano e da vicino si guardano.