Ha aperto al pubblico martedì 14 maggio nella Galleria Regionale di Palazzo Bellomo a Siracusa l’esposizione site specific “Davide Bramante Pan_Estesìa. Tutta la bellezza che ho negli occhi”, una mostra non~curata da Laura Milani e dalla équipe di Civita Sicilia, promossa dal Museo che la ospita, prodotta e organizzata da Civita Sicilia.
“Una mostra nella mostra” dell’artista aretuseo che per la prima volta espone nella sua città, in connessione con le sale del palazzo svevo, gotico e catalano nel cuore dell’isola di Ortigia, scrigno di tesori di una Siracusa intrisa di contaminati linguaggi artistici.
Le creazioni di Davide Bramante, dislocate lungo le sale, in dialogo con i marmi bizantini o con Antonello da Messina, con le ceramiche aragonesi o con i Gagini e Laurana, raccontano di un intimo amore per i luoghi d’origine, Siracusa, che segnata da millenarie stratificazioni ha sussurrato i codici oggi impressi sulla pellicola fotografica e conservati dentro i vasi-contenitori; le collezioni della Galleria Regionale incarnano per Bramante un utero materno, dell’arte, da cui tutto ha avuto inizio.
L’esposizione, una serie originale di fotografie e argille, tesse itinerari alla ricerca dei significati profondi e nuovi custoditi dalle opere d’arte: un viaggio totalizzante dentro la memoria della bellezza che dagli occhi passa al cuore e lì rimane in attesa di un tempo per l’incontro e per il racconto. Nasce una meta-fotografia che dalle sale del Museo abbatte muri e distrugge barriere, fisiche e geografiche. Mani e volti che nella realtà sono spazialmente lontani si avvicinano, architetture reali, dipinte o scolpite si fondono, mentre sguardi catturati da opere ammirate in città diverse si incrociano e si parlano, infrangendo le barriere fisiche, temporali e della materia. E se gli occhi dell’artista sono l’arma che cattura le opere del Museo palesando connessioni neuronali e mnemoniche, invisibili e insospettabili, anche le mani, le sue, concorrono alla sublimazione della memoria: l’argilla, millenaria compagna dell’uomo, diviene alter ego dello scatto fotografico.
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