
Lawrence Carroll, nato a Melbourne nel 1954, ha trascorso l’infanzia in California e si è formato presso l’Art Center College of Design di Pasadena. La sua prima mostra personale fu allestita a New York nel 1988, seguita poco dopo dalla sua prima esposizione internazionale: una collettiva curata da Harald Szeemann presso la Deichtorhallen di Amburgo, in Germania, accanto a figure di rilievo come Joseph Beuys, Bruce Nauman e Robert Ryman.
Da allora, la sua carriera è stata costellata da importanti mostre personali in istituzioni internazionali, tra cui il Kölnischer Kunstverein (1994), la Städtische Galerie im Museum Folkwang di Essen (1994), il Guggenheim Museum di New York (1995), il Museum of Contemporary Art di Los Angeles (2000), l’Hôtel des Arts di Tolone (2007) e il Museo Correr di Venezia (2008).
Ha preso parte a Documenta 9 a Kassel e, nel 2013, è stato tra gli artisti invitati alla Biennale di Venezia, presso il Padiglione della Santa Sede. Le sue opere fanno parte di numerose collezioni pubbliche internazionali, tra cui il Guggenheim di New York, il Museum of Contemporary Art di Los Angeles, il National Museum of Modern Art di Tokyo e il Museum Folkwang di Essen.
Lawrence Carroll è scomparso nel maggio del 2019 a Colonia, in Germania.
Nel 2022, a tre anni dalla sua scomparsa, il Madre di Napoli dedica la prima grande retrospettiva museale a Lawrence Carroll. La mostra – a cura di Gianfranco Maraniello – indaga la storia e la figura di questo protagonista della scena artistica nordamericana e internazionale, non assimilabile alla storia delle avanguardie e neoavanguardie. La mostra presenta 80 opere dell’artista realizzate nel corso di oltre trent’anni di carriera (dal 1985 al 2019), allestite in un percorso che – come nel sentire dello stesso Carroll – privilegia le relazioni delle opere con lo spazio e con i sentimenti rispetto alla paralizzante classificazione cronologica o tematica. Carroll considerava infatti i suoi lavori presenze fisiche che abitano gli spazi e che incontrano l’osservatore, entrandoci in dialogo. Ogni sua realizzazione mantiene per questo la stessa imperfezione dell’essere umano e, usando le sue stesse parole, un necessario “ancoraggio al mondo”.
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