Studio la Città torna il 6 settembre nella laguna di Venezia per inaugurare il nuovo progetto espositivo curato da Marco Meneguzzo sull’isola della Giudecca: una doppia personale degli artisti Herbert Hamak e Giorgio Vigna dal titolo Acque Solide, antitesi che rappresenta il comune denominatore delle opere in mostra.
Entrambi gli artisti lavorano la materia in maniera quasi scultorea, contrapponendo la fisicità e la pesantezza del medium – resina per il primo, vetro e rame per il secondo – alla leggerezza del risultato finale, fatto di trasparenze, giochi di luce e geometrie che creano opposizioni tra forme spigolose e cave, quelle di Hamak, e contorni sinuosamente tondeggianti, quelli di Vigna.

Filo conduttore dell’intera esposizione è sicuramente l’acqua, elemento naturale che mette in relazione le opere tra loro e con lo spazio circostante. L’acqua caratterizza in modo imprescindibile la location scelta per questa mostra: un ex tappezzeria nautica riqualificata a galleria d’arte, circondata dal mare e inserita all’interno del nuovo Giudecca Art District, polo del contemporaneo nato quest’anno in concomitanza con la 58a Biennale d’Arte.

All’interno di un ambiente così lontano dallo sfarzo degli storici palazzi veneziani, Herbert Hamak propone una serie di opere in resina e pigmenti, che rappresentano uno studio tonale della rifrazione della luce sulla superficie, spessa o estremamente sottile, a seconda della trasparenza ricercata dall’artista. Nelle varie sfumature di verdi, azzurri e blu oltremare, il colore pare crescere su se stesso attraverso passaggi di strati: “non ho mai pensato a un intervento scultoreo e in realtà nemmeno pittorico. È prima di tutto un lavoro sul colore che poi diventa pittura ed eventualmente scultura”. L’artista tedesco basa il suo concept creativo sull’idea di transizione: di stato, di condizione, in cui colore e tridimensionalità convivono nello spazio in perfetta armonia. Nelle sue opere si alternano pieni e vuoti, in cui gli uni giustificano gli altri. Solo attraverso il vuoto, infatti, riusciamo a riconoscere il pieno e la sua forma. Determinante è anche il ruolo dell’ombra che, come una sorta di estensione dell’opera stessa, fa procedere la sagoma nello spazio.

Anche nelle opere di Giorgio Vigna, l’elemento naturale è di vitale importanza, come altrettanto fondamentale è il rapporto dei suoi lavori con lo spazio circostante: gli uni agiscono in funzione dell’altro e viceversa, in un rimando di echi e significati. Nelle sue Acque Astrali, gocce d’acqua “solida” per l’appunto, realizzate a mano in vetro di Murano, emerge chiaramente il rimando a forme di vita primordiali, alle bolle di schiuma marina, all’elemento da cui tutto fu originato. Come dichiara l’artista: “il vetro come acqua solidificata, il rame che evoca il fuoco, l’oro che rimanda alla luce: sono materie semplici di cui esalto aspetti nascosti che si rendono evidenti attraverso un incrocio di elementi fisici, psichici e simbolici. Il risultato è semplice e immediatamente comprensibile. Centrale nella mia ricerca è il tema del nascosto, dell’interiorità dei materiali, del loro lato oscuro che il mio lavoro porta alla luce. L’alchimia è insita nella materia e nei luoghi dove si creano le opere, io sono solo un tramite per il suo manifestarsi”.
Questa serie, disposta a terra, sul pavimento della galleria, è messa in dialogo con un altro gruppo di lavori: Acque, ciotole di rame riempite internamente da vetro di Murano molato a mano, a simulare un’anima liquida che volutamente genera ambiguità tra contenitore e contenuto. Per ottenere il risultato voluto, l’artista ha lavorato meticolosamente nelle fornaci muranesi, affiancando i sapienti artigiani vetrai fino ad ottenere il risultato desiderato, calibrando ogni minima variazione della materia che, come si intuisce dal titolo stesso dell’intero progetto espositivo, si solidifica agli occhi dello spettatore, generando nuovi stati naturali.