[…] Gli artisti Anna Galtarossa e Daniel González vanno, vengono a e da Mexico City, a e da New York City, a e da Berlino a e da Milano,…e ora a e da Verona dove si fermano per allestire la mostra Cloud Factory presso la galleria Studio la Città […].
Anna è il cuore e difatti costruisce uno spazio al centro della galleria che ospita 5 sculture pendenti dal soffitto che ruotano piano, piano, impercettibilmente. Sono corpi sospesi fatti di materiali soffici e colorati, corpi d’arte animati che ci sfiorano, o che sfioriamo, passandoci in mezzo. Corpi fantasmi e spirituali come dice l’artista. Corpi con cui misuriamo il nostro corpo e in questo sta l’italianità del lavoro della Galtarossa, perché la misura tra corpo e spazio è la cifra italiana della nostra arte che in tal modo mantiene il rapporto con l’antichità e che non riesce mai a perdere anche quando adotta forme e materie anticlassiche […]. Ecco che questo cuore della mostra è circondato dal corpo della mostra con l’arte di Daniel González a sua vota spazio-corpo che avvolge lo spettatore con una istallazione di ascendenza ironico-concettuale che ci rimanda a Warhol passato, però, attraverso una rilettura cinetico-popolar folklorica e politica. In questo, l’aspetto cruciale della mostra è la messa in opera del rapporto realtà-finzione, verità-menzogna come risulta evidente dagli enormi splash cinetico-pop azzuro-nero-argento sulle pareti e poi dalla recinzione di cartone che finge il ferro battuto e che a sua volta accoglie un finto giardino di scatole di prodotti quotidiani […]. Qui nella fantasmagoria di colori cangianti di superfici cromaticamente vibranti l’arte trova un uso che va oltre il visivo, andando verso l’utilità domestica in cui si incontrano natura morta dell’arte e natura viva del fiore e della vita […].
Giacinto Di Pietrantonio, 2012